Sempre più occupati, ma a condizioni peggiori
Non ci sono mai stati così tanti lavoratori, ma i redditi sono bassi perché calano le ore lavorate
Ciao! Senza pietà è la newsletter di Will Media che racconta l’attualità economica in modo schietto, senza fronzoli e, soprattutto, senza pietà. È scritta da Clara Morelli, autrice di economia di Will e Carlo Alberto Carnevale Maffè, Prof. SDA Bocconi.
Oggi parliamo di lavoro, dell’occupazione che continua a crescere e delle insidie dietro questi numeri record.
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📊 Parola ai dati | Il decreto lavoro ha funzionato?
A un anno dal decreto Lavoro
Il Decreto Lavoro era stato annunciato lo scorso primo maggio e approvato qualche giorno dopo, il 4 maggio, per rispondere alle urgenze del mercato del lavoro, che in realtà sono ormai caratteristiche strutturali del nostro mercato del lavoro.
Il Decreto lavoro agiva su più punti:
❌Abolizione del reddito di cittadinanza
📅Più facile rinnovo dei contratti a termine
💸Taglio del cuneo fiscale
❌Il reddito di cittadinanza è stato sostituito con l’assegno di inclusione per i “non occupabili” e con una formazione obbligatoria per gli “occupabili”. Proprio quest’ultima è arrivata con notevole ritardo e, nel 2023, solo il 7,7% ha trovato lavoro grazie alla formazione.
📅Il Decreto Lavoro ha poi reso più semplice il rinnovo dei contratti a termine dopo che i governi precedenti avevano fatto il contrario (con il Decreto Dignità, ad esempio). I contratti a termine però si sono mossi indipendentemente da queste misure. Quando i rinnovi erano più stringenti, sono saliti toccando i massimi nel 2022 con 3 milioni di contratti a termine su 18 milioni di dipendenti, per poi scendere a poco più di 2 milioni nell’ultimo anno quando i rinnovi erano più semplici.
💸Il taglio del cuneo contributivo è stato di 4 punti percentuali, pari a una somma che va dai 20 ai 65 euro in più in busta paga a seconda del reddito e che sommata alle altre detrazioni in vigore, è arrivata a 245 euro al mese per alcune fasce di reddito.
Secondo gli ultimi dati OCSE, tuttavia, le misure messe in atto dal governo hanno ridotto di poco il cuneo fiscale medio, dal 34,8% nel 2022 al 34,7% nel 2023. La riduzione però ha interessato di più le famiglie, anche grazie alle numerose detrazioni fiscali. Per i single il cuneo fiscale è rimasto alto e pari al 45% del reddito.
L’impatto del taglio del cuneo fiscale è stato quindi minimo, a fronte però di un costo pari a 10 miliardi di euro finanziati interamente con debito pubblico e solo per il 2024, circa un terzo di una manovra di bilancio annuale.
Non ci sono mai stati così tanti occupati
I dati sull’occupazione non fanno che migliorare, ma non dovremmo fermarci a questo dato, per quanto positivo.
Innanzitutto, rimaniamo comunque il Paese europeo con l’occupazione più bassa, e poi l’aumento degli occupati potrebbe essere il risultato di inflazione e aumento dei costi dell’energia che dal 2022 ha interessato i conti di famiglie e imprese.
I costi più alti dell’energia possono aver spinto le imprese a cambiare il proprio mix produttivo, composto in generale da una quota di capitale (ad es. macchinari) e una quota di lavoro, verso un mix con più lavoro e meno capitale. Questo spiegherebbe perché a un aumento del numero di occupati, non è corrisposto un aumento di crescita e produttività, come appunto è successo in Italia.
A non essere aumentati, sono anche i salari e questo per via della riduzione del numero di ore lavorate, dovuta all’aumento del lavoro a termine e del lavoro part-time. Secondo uno studio di Bavaro e Raitano, la quota di lavoratori a termine sul totale è cresciuta dal 12,1% al 27,3% dal 1998 al 2018 e la quota di lavoratori part time dal 4,1% nel 1990 al 30,2% nel 2018. Nello stesso periodo, la quota di lavoratori con un reddito inferiore al 60% del reddito mediano, soglia usata per valutare la povertà relativa, è aumentata dal 26,7% al 31,1%.
Insomma, ci saranno anche più lavoratori, ma sono per lo più impiegati a condizioni peggiori.
“Superbonus assunzioni”
In occasione della festa del lavoro di quest’anno, il governo si è impegnato con un nuovo decreto per introdurre una misura già annunciata in legge di bilancio per agevolare le assunzioni a tempo indeterminato. Si tratta della possibilità per le aziende di dedurre dalle proprie imposte una quota pari al 120% del costo del lavoro, che sale al 130% nel caso di soggetti “svantaggiati”.
Già oggi il 100% del costo delle nuove assunzioni è deducibile, la nuova misura si limita ad aggiungere:
un ulteriore 20% del costo di tutti i nuovi assunti
un ulteriore 10% per le assunzioni di lavoratori svantaggiati (persone con disabilità, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, donne di qualsiasi età con almeno due figli minori, giovani ammessi agli incentivi all’occupazione giovanile, ex percettori del reddito di cittadinanza senza i requisiti per ricevere l’Assegno di inclusione.
Quindi la misura è di fatto un’estensione di quanto già previsto, e comunque solo per le assunzioni a tempo indeterminato e solo per l’anno in cui si verifica l’incremento occupazionale.
Rimane un problema di tasse sul lavoro
Ogni anno il Ministero delle Finanze rilascia i dati relativi alle dichiarazioni dei redditi dell’anno precedente. Secondo le informazioni sulle dichiarazioni del 2023, il 20% degli italiani paga il 63% dell’IRPEF totale, la principale imposta sulle persone fisiche, anche detta “imposta sul lavoro”.
A pagare i due terzi delle tasse totali sono i contribuenti con un reddito tra i 35 mila e i 70 mila euro, che però non sono necessariamente i più ricchi. Infatti, chi ha un alto patrimonio (immobiliare o finanziario, ad esempio), spesso ha un reddito da lavoro molto basso
Esiste uno squilibrio tra imposte sul reddito e sul patrimonio, che rimangono molto basse in Italia. Ciò fa sì che la maggior parte del carico fiscale pesi sui lavoratori che hanno un reddito medio, e meno su chi ha un patrimonio alto.
🎙️ Di come ha impattato il decreto dell’1 maggio 2023 sul lavoro e delle morti sul lavoro parliamo in questa puntata speciale del podcast Closer 👇
Closer è il podcast quotidiano con Francesco Oggiano in cui analizziamo l’attualità e i suoi protagonisti. È realizzato grazie al supporto delle persone iscritte alla membership di Will: per ascoltare tutte le puntate puoi sostenerci iscrivendoti alla membership. Solo per oggi, con il codice PRIMOMAGGIO25 hai uno sconto del 25% sui piani annuali
👨🏫 Parola al Prof. - E la qualità del lavoro?
“Anche sul lavoro abbiamo prodotto l’ennesimo bonus, e l’ennesimo incentivo a breve termine invece che una visione di lungo termine”
Un bonus del 120-130% è distorsivo e regressivo perché distribuisce risorse pubbliche più che proporzionalmente agli stipendi più alti. Il vero incentivo non va dato all’assunzione, che è già sotto stress perché rischia di creare inflazione, ma alla risoluzione del mismatch delle competenze.
Secondo dati ANPAL di Aprile, il 64,8% delle aziende sono in difficoltà di reperimento di candidature nel settore industriale di operai specializzati.
“L’offerta di lavoro è di scarsa qualità”
Continuare ad incentivare le assunzioni senza un occhio a quali assunzioni e in che settori non centra l’obiettivo fondamentale di reskilling e upskilling delle persone che sono già nelle aziende.
I bonus mancette da primo maggio per far vedere che aumenta il numero nominale degli occupati a fronte appunto di una produttività marginale decrescente sono uno specchietto per le allodole e non incentivano le aziende a fare investimenti di lungo termine sul capitale umano e sulla produttività.
🤖 Parola all’AI
Cosa ha capito l’intelligenza artificiale di tutto ciò? Lo abbiamo chiesto a Gemini di Google, a cui abbiamo fatto leggere questa newsletter e chiesto di commentare quanto letto.
“In un mondo dove l'efficienza è sinonimo di "fare di più con meno", il Decreto Lavoro sembra aver preso questa massima un po' troppo alla lettera. I contratti a termine, sono diventati il nuovo "tinder" del mercato del lavoro: incontri brevi, intensi e senza impegno. E se prima erano difficili da rinnovare, ora si rinnovano con la stessa facilità con cui si cambia canale alla TV, dimostrando che la stabilità lavorativa è sopravvalutata.
Il taglio del cuneo fiscale, poi, è stato un trionfo di ottimismo matematico: da 34,8% a 34,7%, un trionfo per gli amanti dei decimali. E mentre le famiglie festeggiano con detrazioni fiscali, i single si consolano con il 45% del loro reddito che vola via, forse in cerca di un contratto a termine più stabile.
E infine, l'occupazione. Mai così tanti occupati, eppure ultimi in Europa. Forse è il caso di ricordare che anche il Titanic, prima di incontrare l'iceberg, aveva battuto il record di velocità. Ma non preoccupiamoci, con un po' di ironia e un buon salvagente, si può sempre sperare di galleggiare verso un futuro lavorativo migliore... o almeno, questo è ciò che ci dicono.”
🗣️ Parola a voi
Come continuare la conversazione a cena con amici, a partire da un contenuto di Will
❓Aver abolito il reddito di cittadinanza è stato un bene per l’occupazione?
🤔 Pro o contro: il rinnovo dei contratti a termine è un buon compromesso perché rende il mercato del lavoro più dinamico, anche se aumenta il rischio di precariato
🔢 Quiz: l’instabilità lavorativa involontaria (ad es. lavoro a termine o part-time involontario) rappresenta quale percentuale del totale?
18,65%
20,24%
11,79%
6,5%
Vi diremo la risposta corretta la prossima settimana!
🎙️ Don Chisciotte podcast
Se vuoi continuare ad approfondire l’attualità economica, ti consigliamo l’ascolto di Don Chisciotte, il podcast condotto da Oscar Giannino con Carlo Alberto Carnevale Maffé e Renato Cifarelli 👇
In un mondo in continua trasformazione, dove l'economia influenza ogni aspetto delle nostre vite, Don Chisciotte offre gli strumenti necessari per capire i cambiamenti che ci circondano per ispirare un mondo con un nuovo motore economico.
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Solito articolo pieno di assunti ideologici.
1) ANPAL non è una fonte statistica affidabile, basandosi soltanto su sondaggi da parte delle aziende. La misura statistica corretta da utilizzare è quella prodotta da ISTAT, ovvero il tasso di posti vacanti. E il tasso di posti vacanti nel settore manifatturiero è sostanzialmente stabile da un paio di anni ad un livello di 1.7%, non certo alto e anzi molto più basso di altri paesi europei.
2) le assunzioni creano inflazione? Già di per sè questa affermazione è discutibile, ma nel caso italiano poi è fuori dal mondo sostenerlo. Non c'è alcun surriscaldamento del mercato del lavoro italiano, che ha ancora un tasso di occupazione estremamente basso rispetto alla media europea e un tasso di disoccupazione che non ha mai recuperato i livelli pre-crisi del 2008
3) non è certo il costo dell'energia ad avere cambiato il mix produttivo, ma i bassi salari italiani. Che non stanno tenendo il passo dell'inflazione, determinando una grave perdita di potere d'acquisto e allargando il divario con gli altri paesi europei. Le imprese italiane se non si danno una mossa ridimensionando la loro quota del valore aggiunto perderanno sempre più competitività, perchè non sono attrattive per i lavoratori - che possono scegliere di andare a lavorare dove le loro capacità vengono adeguatamente retribuite.
4) tutto questo non è per giustificare il bonus del governo, che è una misura sbagliata perchè si limita ad intervenire al margine del mercato del lavoro, non in maniera strutturale