Il Jobs Act ha creato più posti di lavoro?
Il Jobs Act ha aumentato i posti di lavoro, ma anche i licenziamenti
Ciao! Senza pietà è la newsletter di Will Media che racconta l’attualità economica in modo schietto, senza fronzoli e, soprattutto, senza pietà. È scritta da Clara Morelli, autrice di economia di Will e Carlo Alberto Carnevale Maffè, Prof. SDA Bocconi.
Oggi parliamo di Jobs Act, la riforma del lavoro realizzata dal governo Renzi nel 2014, e del referendum voluto da CGIL e sostenuto dalla Segretaria del PD Elly Schlein per abolirne alcune parti.
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📊 Parola ai dati | Il Jobs Act ha migliorato l’occupazione?
La segretaria del PD Elly Schlein ha dichiarato di appoggiare il referendum della CGIL contro il Jobs Act, una serie di interventi voluti dal governo Renzi nel 2014 per la liberalizzazione del mercato del lavoro per far crescere l’occupazione.
Il referendum vorrebbe cancellare le norme che:
👷 facilitano i licenziamenti nelle piccole imprese
🤵 impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamenti illegittimi
📅 rendono più facile l’utilizzo e il rinnovo del lavoro a termine
🤝 limitano la responsabilità dell’impresa appaltante in caso di infortuni sul lavoro
Per capire cosa vogliono dire i 4 quesiti, dobbiamo tornare a cosa prevedeva il Jobs Act.
Cosa prevede il Jobs Act?
Nel caso dei quesiti del referendum, il Jobs Act prevedeva:
💸 In caso di licenziamento illegittimo, non più il reintegro dei lavoratori, ma un indennizzo calcolato sulla base dell’anzianità del lavoratore
💰 Un ulteriore tetto massimo all’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo dei lavoratori a tempo indeterminato per le aziende con meno di 15 dipendenti (allora il 93% del totale)
📅 L’aumento delle proroghe dei contratti a tempo determinato da 12 a 36 mesi, poi rivisto da Decreto Dignità e Decreto Lavoro
🔨 L’esclusione della responsabilità dell’impresa committente in caso di infortunio o malattia dei lavoratori.
L’obiettivo di queste misure era di aumentare l’occupazione, hanno avuto successo? In parte.
Il jobs act ha funzionato?
L’aumento di posti di lavoro c’è stato: da 22 milioni di lavoratori a inizio 2014 a circa 22,9 milioni a fine 2016, a fronte però di un aumento dei licenziamenti del 50%.
Gli economisti Pietro Garibali e Tito Boeri hanno analizzato quanto di questi aumenti è dovuto al Jobs Act. I due interventi principali per incentivare le assunzioni erano stati:
👋 Rendere più agile la fine del rapporto di lavoro
💰 Tagliare i contributi a carico del datore di lavoro
Tra i due, è stato il taglio dei contributi a fare la differenza, mentre l’intervento sulle tutele dei lavoratori in caso di licenziamento non ha avuto un impatto significativo nella creazione di nuovi posti di lavoro. Quindi la parte più contestata della riforma, quella sui licenziamenti, sembra non aver avuto effetto.
Tuttavia, l’effetto non sembra durare nel tempo, cioè anche nel caso dello sgravio contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato, molto generose e pari a 8.000 euro all’anno per lavoratore assunto per 3 anni, il beneficio scompare del tutto alla fine dei 3 anni.
Come mostrato dal Think Tank Tortuga, con il venire meno dello sgravio fiscale, si assiste a un aumento dei contratti a tempo determinato, che contribuiscono per il 73% alla crescita occupazionale di quell’anno, e a un calo del 27% dei contratti a tempo indeterminato che, fino all’anno prima, arrivano a pesare per l’81% alla crescita occupazionale.
Quindi sì, il Jobs Act ha funzionato nel creare nuovi posti di lavoro ma non attraverso la modifica delle tutele dei lavoratori, e con i nuovi posti di lavoro sono aumentati anche i licenziamenti. Il mercato del lavoro è quindi sicuramente più dinamico, ma a che prezzo?
🎙️ Degli impatti del Jobs Act ha parlato Clara Morelli con Francesco Oggiano nella puntata del 7 maggio del podcast Closer 👇
Closer è il podcast quotidiano con Francesco Oggiano in cui analizziamo l’attualità e i suoi protagonisti. È realizzato grazie al supporto delle persone iscritte alla membership di Will: per ascoltare tutte le puntate puoi sostenerci iscrivendoti alla membership. Solo per oggi, con il codice CLOSER15 hai uno sconto del 25% sui piani annuali
👨🏫 Parola al Prof. - Un referendum ideologico
“Il referendum sul Jobs Act, ammesso che i quesiti vengano approvati, rischia di diventare un derby ideologico”
Le tifoserie più accanite si concentrano sulle norme sul licenziamento, cioè le modifiche del Jobs Act all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
La realtà vera è che l'articolo 18 era già stato modificato strutturalmente dalla riforma Monti-Fornero-Bersani molto prima del Jobs Act per quanto riguarda reintegro e indennizzo massimo dovuto dalle imprese.
Non è tutto, negli anni il Jobs Act ha subito modifiche di cui i quesiti del referendum non tengono conto. Il governo Conte I aveva aumentato l’indennizzo massimo in caso di licenziamento da 24 a 36 mesi, e la Corte Costituzionale nel tempo è intervenuta cancellando la proporzionalità dell’indennizzo all'anzianità lavorativa e restituendo alla magistratura del lavoro la scelta dell'ammontare massimo dell'indennizzo. Entrambe le modifiche verrebbero meno con le abrogazioni proposte dal referendum.
“La precarietà non è cosa nuova”
La precarietà è iniziata molto prima, con la riforma Treu e quella Biagi, che introdussero per la prima volta più flessibilità al margine.
Da tempo quindi si punta molto più sui contratti a tempo determinato: da molto prima del Jobs Act, ma in questa battaglia ideologica non c’è spazio per una valutazione oggettiva di merito.
🤖 Parola all’AI
Cosa ha capito l’intelligenza artificiale di tutto ciò? Lo abbiamo chiesto a Copilot di Microsoft, a cui abbiamo fatto leggere questa newsletter e chiesto di commentare quanto letto.
“In un mondo dove la matematica è un'opinione, 22 milioni diventano 22,9 milioni e tutti applaudono. Ma aspetta, c'è di più! I licenziamenti aumentano del 50%, un piccolo dettaglio, quasi irrilevante, evidentemente.
👋 "Rendiamo più facile dire addio", hanno detto, e "meno tasse per i datori di lavoro", hanno promesso.
Ma oh sorpresa, le tutele dei lavoratori non erano il problema, era solo questione di soldi, chi l'avrebbe mai detto, eh?
Gli sgravi fiscali, generosi come Babbo Natale, 8.000 euro a testa, ma solo per un po', non è un male. Dopo tre anni, puff! Il beneficio svanisce, e i contratti a tempo indeterminato? Diminuiscono, che tristezza!
Il mercato del lavoro è dinamico, questo è vero, ma con questi numeri, sembra più un gioco da prestigiatore. Nuovi posti di lavoro sì, ma con una stabilità da funambolo, e alla fine, la domanda sorge spontanea: ma a che prezzo, oh cielo?”
🗣️ Parola a voi
Come continuare la conversazione a cena con amici, a partire da un contenuto di Will
❓Sei d’accordo? Se licenziare è più facile, le aziende assumono di più
🤔 Pro o contro: Meglio lavorare in modo precario, che non lavorare affatto
🔢 Quiz: Quanto sono aumentati i contratti a termine dopo il Jobs Act (2014-2016)?
70%
10%
60%
25%
Vi diremo la risposta corretta la prossima settimana!
La scorsa settimana abbiamo parlato di precarietà lavorativa, che conta il 18,65% del totale dei rapporti di lavoro.
🎙️ Don Chisciotte podcast
Se vuoi continuare ad approfondire l’attualità economica, ti consigliamo l’ascolto di Don Chisciotte, il podcast condotto da Oscar Giannino con Carlo Alberto Carnevale Maffé e Renato Cifarelli 👇
In un mondo in continua trasformazione, dove l'economia influenza ogni aspetto delle nostre vite, Don Chisciotte offre gli strumenti necessari per capire i cambiamenti che ci circondano per ispirare un mondo con un nuovo motore economico.
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Io sono del 75, classe media al tempo del job's act, residente in Veneto e mi occupo di Corporate Banking. La mia generazione e le seguenti hanno visto il mondo imprenditoriale evolversi (oppure non l'hanno visto ma si è evoluto). Ante job's act la situazione era che se non lavoravi alla FIAT di Cassino lavoravi nel pubblico oppure rimanevi disoccupato. Ora c'è una grande frammentazione dal lato dei datori di lavoro e a causa dei governi succedutisi negli anni c'era una grande frammentazione di tipologie di contratti, ognuno dei quali rappresentava una "bandierina" di qualcuno. Il Job's Act ha semplificato, snellito, concesso diritti a chi non ne aveva e fatto emergere lavoratori in nero che non erano altrimenti inquadrabili. Parlare ancora dei licenziamenti come tema principale è obsoleto ed ideologico, irricevibile. Servono politiche attive che partano dalle scuole per l'inquadramento dei percorsi di carriera. L'Art 18 è una bufala per nascondere un gap di formazione che non ci consente, come lavoratori, di avere un minimo di potere contrattuale sul nostro lavoro. Non sono iscritto al sindacato da oltre 16 anni. Nella mia Banca non abbiamo fatto uno sciopero per lo stipendio da quando mi hanno assunto nel '97. Firmano i contratti e mi arrivano i comunicati ex post dal datore di lavoro che mi comunica le novità. Queste istituzioni non rappresentano più nessuno e ai loro vertici ci sono persone che non sono minimamente adeguate a negoziare con imprese di una certa dimensione. Il recente aumento di contratto ricevuto (Bancari) è stato imposto da Intesa ed i sindacati hanno rischiato di farlo saltare perchè non ne usciva niente per loro, così si sono impuntati su aspetti minoritari della negoziazione (Io avrei chiesto più soldi per esempio). Se per legge si vietasse ai pensionati di essere iscritti ai sindacati queste logiche cambierebbero e forse queste istituzioni tornerebbero ad occuparsi del lavoro invece che della pace nel mondo. La maggior parte dei loro iscritti ad oggi ha la "pancia piena" e, non essendo di fatto istituzioni democratiche, la voce della minoranza che guadagna poco da solo fastidio. Il recente aumento è stato di fatto obbligato per Intesa, io lavoro in un contesto dove stagisti con laurea e due master confermati guadagnano a pelo 1500 euro e devono mantenersi fuori sede affittando stanze come universitari e dall'altra parte ausiliari con la 5 elementare che sfiorano i 3000 euro mensili. Avevamo moltissime dimissioni di neo assunti.
Spero di non essere andato fuori tema, ma il senso è che il lavoro dev'essere "riformato", ma guardare indietro è la cosa peggiore che si possa fare.